(Determinazione dell'Agenzia Italiana del Farmaco, 23 febbraio 2007)
|
La prescrizione a carico del SSN è limitata ai pazienti con dolore
grave e persistente dovuto a:
L'impiego di questi farmaci non è assoggettato a nota limitativa ed è a carico del SSN per le seguenti indicazioni autorizzate: trattamento della depressione per duloxetina e della epilessia per gabapentin e pregabalin. |
Background
Il dolore neuropatico (o neurogeno) viene definito dall'International
Asssociation for the Study of Pain (IASP) come “dolore associato a lesione
primaria o disfunzione del sistema nervoso”. Tale sindrome è stata
progressivamente identificata a partire da denominatori comuni essenzialmente
clinici, rappresentati sia dalla modalità di presentazione dei sintomi
(coesistenza di disturbi di sensibilità, assenza di stimolazione nocicettiva),
sia dalla durata (la cronicità del dolore neuropatico è legata a persistenza
per settimane, mesi o anni), sia dalla risposta ai trattamenti farmacologici
(scarsa agli oppioidi ed anti-infiammatori non sterodei; significativa ai
farmaci anticonvulsivanti, antidepressivi e antiaritmici). Le condizioni
cliniche responsabili del dolore neuropatico sono identificabili in molteplici
quadri morbosi associabili sia a compromissione del sistema nervoso centrale che
periferico.
La valutazione dell'effetto dei farmaci sul dolore è basata sull'impiego di
scale analogiche o numeriche strutturate per quantificarne l'entità o la
ricaduta su altri aspetti più generali del quadro clinico (ad es. la qualità
di vita).
Evidenze disponibili
Nessuno dei farmaci attualmente impiegati nella terapia del dolore
neuropatico è in grado di agire sulle cause del dolore stesso. L'approccio
terapeutico alla sintomatologia algica è dunque solo sintomatico e non causale.
La relazione tra eziologia, patogenesi e sintomi del dolore neuropatico è
complessa: in pazienti diversi lo stesso sintomo può essere provocato da
meccanismi diversi, e nello stesso paziente il dolore può essere causato da
più meccanismi contemporaneamente, soggetti a variazioni nel tempo. La scelta
del farmaco in una specifica situazione morbosa deve quindi essere fatta
privilegiando gli agenti la cui efficacia è stata dimostrata nell'ambito di
sperimentazioni cliniche controllate.
Particolari avvertenze
La duloxetina è autorizzata soltanto per il trattamento della neuropatia
diabetica negli adulti, mentre gabapentin e pregabalin hanno indicazioni meno
selettive (dolore neuropatico in generale). Nonostante ciò le condizioni
cliniche più studiate per questi due ultimi principi attivi sono quelle
riportate nella presente nota. L'impiego di questi farmaci per le restanti
indicazioni autorizzate (trattamento della depressione per la duloxetina e della
epilessia per gabapentin e pregabalin) non è assoggettato a nota limitativa.
Bibliografia
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Data aggiornamento novembre 2006 Prossimo aggiornamento previsto giugno 2007
(sostituita dall'allegato 1 alla determinazione AIFA del 15.03.07 - ndr)
Ipolipemizzanti:
Fibrati:
Statine:
Altri:
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La prescrizione a carico del SSN è limitata ai pazienti affetti
da:
- dislipidemie familiari
- ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta:
- ipertrigliceridemia non corretta dalla sola dieta e da altre misure farmacologiche
- iperlipidemie non corrette dalla sola dieta:
|
Motivazioni e criteri applicativi
La corretta alimentazione rappresenta, assieme all'aumento dell'attività
fisica ed alla sospensione del fumo, il primo provvedimento da attuare nel
controllo del rischio cardiovascolare. Solo dopo tre mesi di dieta adeguatamente
proposta al paziente ed eseguita in modo corretto, dopo aver escluso le cause di
dislipidemia familiare o dovute ad altre patologie (ad esempio l'ipotiroidismo
oppure patologie HIV correlate) si può valutare il Rischio Cardiovascolare
Globale Assoluto (RCGA) e, se superiore al 20% a 10 anni, iniziare una terapia
ipolipemizzante. Le correzioni delle abitudini alimentari, l'aumento
dell'attività fisica insieme con la sospensione del fumo devono essere
significativi, permanenti e mantenuti anche quando viene iniziata la terapia
farmacologica.
L'ultima revisione della nota 13 è stata caratterizzata dall'introduzione delle
carte di rischio italiane prodotte dall'Istituto Superiore di Sanità
all'interno del Progetto Cuore (www.cuore.iss.it). Nelle carte di rischio
italiane si fa riferimento al RCGA stimato a 10 anni sia per gli uomini che per
le donne per eventi fatali e non fatali riferibili a malattia cardiovascolare
maggiore (in particolare infarto del miocardio sicuro e possibile, morte
coronarica, morte improvvisa, ictus e interventi di rivascolarizzazione). A
questo proposito è importante ricordare che il calcolo del RCGA per la
rimborsabilità delle statine in prevenzione primaria si è basato fino al 2004
su differenti carte di rischio sviluppate su popolazioni statunitensi, carte che
tendevano a sovrastimare il RCGA nella nostra popolazione.
Dislipidemie familiari
Le dislipidemie familiari sono malattie su base genetica a carattere
autosomico (recessivo, dominante o co-dominante a seconda della malattia)
caratterizzate da elevati livelli di alcune frazioni lipidiche del sangue e da
una grave e precoce insorgenza di malattia coronarica. Le dislipidemie sono
state finora distinte secondo la classificazione di Frederickson, basata
sull'individuazione delle frazioni lipoproteiche aumentate. Questa
classificazione è stata superata da una genotipica.
Ad oggi non sono presenti criteri internazionali consolidati per la diagnosi
molecolare di alcune delle forme familiari, pertanto vengono utilizzati
algoritmi diagnostici che si basano sulla combinazione di criteri biochimici,
clinici ed anamnestici.
Tra le forme familiari quelle che più frequentemente si associano a cardiopatia
ischemica prematura sono l'ipercolesterolemia familiare, l'iperlipidemia
familiare combinata e la disbetalipoproteinemia.
Ipercolesterolemia familiare monogenica (prevalenza 1:500)
Malattia genetica in genere dovuta a mutazioni del gene che codifica il recettore delle LDL. Per la diagnosi di queste forme, le metodiche di biologia molecolare sono specifiche intorno all'80%, per cui ai fini diagnostici esiste consenso internazionale sull'utilizzo di criteri biochimici, clinici ed anamnestici I cardini di questi criteri, sostanzialmente condivisi da tutti gli algoritmi diagnostici proposti, includono:
- Colesterolemia LDL superiore a 200 mg/dl
più
- Trasmissione verticale della malattia, documentata dalla presenza di tale alterazione biochimica nei familiari del probando
(in questo caso l'indagine biomolecolare praticamente sempre conferma la diagnosi)
In assenza di informazioni sul profilo lipidico dei familiari il sospetto è molto forte se insieme alla colesterolemia LDL superiore a 200 mg/dl ci sono:
- Presenza di xantomatosi tendinea nel brobando
oppure
- un'anamnesi positiva nei familiari di I grado per cardiopatia ischemica precoce (prima dei 55 anni negli uomini, prima dei 60 nelle donne) o anche se presente grave ipercolesterolemia in bambini prepuberi
Iperlipidemia combinata familiare (prevalenza 1:100)
Espressione fenotipica collegata a molte variazioni genetiche (nello studio
EUFAM se ne sono contate per 27 geni) con meccanismi fisiopatologici legati al
metabolismo delle VLDL.
Eziologia non è stata ancora chiarita e i criteri diagnostici sui quali è
presente un consenso sono:
- Colesterolemia LDL superiore a 160 mg/dl e/o trigliceridemia superiore a 200 mg/dl
più
- Documentazione nella stessa famiglia (I grado) di più casi di ipercolesterolemia e/o ipertrigliceridemia (fenotipi multipli)
Oppure in assenza di documentazione sui familiari, la dislipidemia è fortemente sospetta in presenza anamnestica o clinica o strumentale di arteriosclerosi precoce.
E' indispensabile per la validità della diagnosi di iperlipidemia combinata familiare:
Disbetalipoproteinemia familiare
Patologia molto rara che si manifesta nei soggetti portatori dell'isoforma
apoE2 in modo omozigote <1:10.000.
I criteri diagnostici includono:
- Valori di colesterolemia e trigliceridemia intorno ai 400 mg/dl per entrambi
più
- Presenza di banda larga (broad b alla elettroforesi)
La presenza di uno di questi fattori aumenta la validità della diagnosi:
- xantomi tuberosi,
- xantomi striati palmari (strie giallastre nelle pieghe interdigitali o sulla superficie palmare delle mani, da considerare molto specifici).
Avvertenza
I centri specialisti, già identificati per le certificazioni, per le iperlipidemie possono fungere da supporto per la decisione diagnostica e per la soluzione di eventuali quesiti terapeutici.
Ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta
Nelle malattie cardiovascolari non è individuabile una causa unica. Sono
noti diversi fattori che aumentano nella persona il rischio di sviluppare la
malattia e predispongono l'organismo ad ammalarsi. I più importanti sono:
abitudine al fumo di sigaretta, diabete, valori elevati della colesterolemia,
valori elevati della pressione arteriosa, età e sesso e, inoltre, la scarsa
attività fisica, l'obesità e la familiarità alla malattia.
L'entità del rischio che ogni persona ha di sviluppare la malattia dipende
dalla combinazione dei fattori di rischio o meglio dalla combinazione dei loro
livelli; il fattore più importante è l'età, pertanto il rischio aumenta con
l'avanzare dell'età, ma, attraverso un sano stile di vita, è possibile
mantenerlo a un livello favorevole.
La nuova nota 13 stabilisce per il trattamento ipocolesterolemizzante non un
valore soglia verticale ma un valore decisionale basato sul RCGA. Per
convenzione internazionale è considerato a rischio elevato un paziente con
rischio ≥20% a 10 anni.
Le carte del Progetto non consentono la valutazione del rischio
cardiovascolare per la popolazione con età superiore a 70 anni. Ciò anche in
assenza di una serie di studi specificatamente dedicati a questa fascia di età.
Per tale motivo si ritiene che in questi casi la valutazione del rischio debba
essere lasciata alla valutazione del singolo medico che terrà conto delle
comorbidità.
Iperlipidemie non corrette dalla sola dieta
Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte dei pazienti
con insufficienza renale cronica (IRC). La National Kidney Foundation, nello
stabilire le Linee Guida per il trattamento dell'IRC, ritiene che l'incidenza di
danno aterosclerotico in pazienti con IRC sia superiore a quella della
popolazione generale. Per tale motivo richiede un accurato controllo dei fattori
di rischio, tra cui la dislipidemia.
Per pazienti adulti con IRC in stadio 5 (GRF<15ml/min o trattamento
sostitutivo della funzione renale) il trattamento farmacologico delle
dislipidemie è indicato, nel caso di insuccesso di dieta e cambiamento di
abitudini di vita, per livelli di trigliceridi ≥500 mg/dL con fibrati, per
livelli di LDL-C≥ 130 mg/dL con statine a basse dosi e per livelli di LDLC<
100 mg/dL, trigliceridi ≥200 mg/dL e colesterolo non HDL (tot C meno HDL-C)
≥ 130 mg/dL.
Le statine sembrano efficaci nella prevenzione di eventi vascolari in pazienti
vasculopatici e con moderata IRC e sono in grado di rallentare la progressione
della malattia renale. Viene raccomandata la riduzione del dosaggio in funzione
del filtrato glomerulare.
Nei pazienti con infezione da HIV, a seguito dell'introduzione della HAART
(terapia antiretrovirale di combinazione ad alta efficacia), è frequente
l'insorgenza di dislipidemia indotta dai farmaci antiretrovirali che, nel tempo,
può contribuire ad un aumento dell'incidenza di eventi cardio-vascolari,
sviluppabili anche in giovane età.
Da studi di coorte prospettici, se pur non tutti concordi, emerge un rischio
relativo di eventi ischemici vascolari pari a circa 1.25 per anno con incremento
progressivo e proporzionale alla durata di esposizione alla terapia
antiretrovirale. La prevalenza di dislipidemia nei pazienti HIV positivi è
variabile in rapporto al tipo di terapia antiretrovirale, comunque è intorno al
25% per la colesterolemia e oltre il 30% per l'ipertrigliceridemia.
Alla luce di questi dati, nella pratica clinica l'utilizzo di farmaci
ipolipemizzanti nei pazienti con infezione da HIV in trattamento antiretrovirale
si è reso necessario, laddove la riduzione dei fattori di rischio
cardiovascolare “modificabili” non si riveli sufficiente a mantenere i
valori di colesterolemia e trigliceridemia entro i limiti consigliati dalla
Carta del Rischio Cardiovascolare dell'ISS e laddove, per motivi clinici e/o
virologici, non sia sostituibile la terapia antiretrovirale in atto.
Evidenze disponibili
Vengono considerati a rischio elevato i soggetti che, in base alla
combinazione dei 6 principali fattori (età, sesso, diabete, fumo, valori di
pressione arteriosa e di colesterolemia), abbiano un rischio uguale o maggiore
del 20% di sviluppare un evento cardiovascolare nei successivi 10 anni. Tale
rischio può essere stimato utilizzando la carta del rischio cardiovascolare
elaborata dall'Istituto Superiore di Sanità. In alternativa è possibile
utilizzare l'algoritmo elettronico cuore.exe dell'Istituito Superiore di
Sanità, scaricabile gratuitamente dal sito del Progetto Cuore,
(www.cuore.iss.it). Tale algoritmo è puntuale e considera in aggiunta ai sei
fattori della carta la HDL-colesterolemia e la terapia antipertensiva.
Starà al giudizio del medico modulare verso il basso la stima del rischio nei
pazienti ipercolesterolemici nei quali è già in atto un controllo
farmacologico o non farmacologico di altri fattori di rischio (obesità,
ipertensione, diabete). In tali casi, il medico potrà decidere quale o quali
trattamenti farmacologici privilegiare, anche in base ai livelli dei diversi
fattori considerati, non essendo proponibile assumere medicine per ognuno di
essi.
Particolari avvertenze
L'uso dei farmaci ipolipemizzanti deve essere continuativo e non occasionale.
Lo stesso, comunque, va inserito in un contesto più generale di controllo degli
stili di vita (alimentazione, fumo, attività fisica, etc.).
La strategia terapeutica (incluso l'impiego delle statine) va definita, in
prevenzione primaria, in base alla valutazione del rischio cardiovascolare
globale e non di ogni singolo fattore di rischio, facendo riferimento alle Carte
di Rischio Cardiovascolare elaborate dall'Istituto Superiore di Sanità
all'interno del Progetto Cuore (www.cuore.iss.it). Le Carte del Rischio dell'ISS
saranno sottoposte a continua verifica ed aggiornamento e sono collegate con un
progetto di ricerca denominato RiACE (Rischio Assoluto
Cardiovascolare-Epidemiologia) promosso e finanziato dall'Agenzia Italiana del
Farmaco (AIFA), per verificare nella pratica assistenziale della Medicina
Generale la trasferibilità, l'applicabilità, i carichi assistenziali e gli
esiti della prevenzione cardiovascolare primaria e secondaria.
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Data aggiornamento novembre 2006 Prossimo aggiornamento previsto giugno 2007
Farmaci per la Sclerosi Multipla
|
La prescrizione e la dispensazione a carico del SSN da parte di
centri specializzati, Universitari o delle Aziende Sanitarie,
individuati dalle Regioni e dalle Province Autonome di Trento e
Bolzano, è limitata alle seguenti condizioni:
|
Background
La sclerosi multipla rappresenta una malattia altamente imprevedibile, sia
per decorso clinico sia per prognosi, ed è caratterizzata da un corredo
sintomatologico altamente proteiforme. Caratteristica fondamentale di questa
malattia è l'estrema variabilità focale, temporale e spaziale con cui essa si
manifesta e, a causa di qusta estrema variabilità, nella gestione dei pazienti
con sclerosi multipla risulta molto importante una esatta valutazione dello
stato clinico al momento della visita per valutare l'eventuale presenza di una
riacutizzazione, o per valutare l'eventuale progressione di malattia.
Nella sua forma più tipica, la forma recidivante-remittente, la sclerosi
multipla si presenta con attacchi clinici acuti seguiti da regressione
sintomatologica totale o parziale e da un periodo intercorrente tra un attacco
ed un altro che non manifesta alcune progressione della disabilità. Circa l'80%
delle forme clessiche a riacutizzazioni e remissioni progredisce in un tempo
variabile, nella forma secondariamente progressiva, caratterizzata da
riacutizzazioni associate ad un decorso progressivo.
Il trattamento mira a ridurre la frequenza delle ricadute e a rallentare il
decorso clinico della malattia. Trattandosi di una patologia infiammatoria su
base autoimmunitaria, si utilizzano farmaci immunomodulatori in quanto riducono
l'intensità con il quale il sistema immunitario attacca il sistema nervoso.
L'IFN beta-1a e beta-1b hanno proprietà antivirale e immunomodulatorie. Essi
sopprimono la proliferazione dei linfociti T, inibiscono la loro migrazione
dalla periferia verso il sistema nervoso centrale e spostano il profilo delle
citochine da un tipo pro- a uno antinfiammatorio. L'IFN beta-1a è indicato nel
trattamento della forma recidivante-remittente allo scopo di ridurre la
frequenza delle esacerbazioni, mentre non sono conclusivi i risultati del
trattamento sulla progressione dei sintomi.
Evidenze disponibili
Numerosi studi hanno dimostrato l'efficacia dell' IFN beta-1b e dell'IFN
beta-1a nella sclerosi multipla recidivante-remittente. Inoltre, l' IFN beta-1b
si è dimostrato efficace anche nella sclerosi multipla secondariamente
progressiva, nella quale immagini di Risonanza Magnetica mostrano una riduzione
nel numero di nuove lesioni
Glatiramer acetato è una sequenza polipeptidica casuale composta da 4
aminoacidi., la cui sequenza assomiglia a quella della proteina basica della
mielina, uno dei principali bersagli contro cui è diretta la risposta
immunitaria alla base della sclerosi multipla. Il farmaco avrebbe quindi
un'azione di tipo competitivo: funzione da falso bersaglio, distraendo il
sistema immunitariodalle strutture endogene. In numerosi studi clinici la
somministrazione di glatiramer ha significativamente ridotto la frequenza di
ricadute di circa il 30% e il numero di lesioni visibili alla Risonanza
Magnetica.
Particolari avvertenze
L’opportunità di monitorare la prescrizione e la dispensazione (sempre
riservata ai centri autorizzati), attraverso schede ad hoc opportunamente
adattate per forma clinica di sclerosi multipla e per tipo di farmaco, sarà
valutata a livello delle singole Regioni.
Bibliografia
1. Comi G, Filippi M, Wolinsky JS, et al: European/Canadian multicenter,
double-blind, randomized, placebocontrolled study of the effects of glatiramer
acetate on magnetic resonance imaging-measured disease activity and burden in
patients with relapsing multiple sclerosis. Ann Neurol 2001; 49: 290-297.
2. Filippini G, Munari L, Incorvaia B, et al. Interferons in relapsing remitting
multiple sclerosis: a systematic review. Lancet 2003;361:545-552.
3. Ge Y, Grossman RI, Udupa JK, et al: Glatiramer acetate treatment in
relapsing-remitting MS: quantitative MR assessment. Neurology 2000; 54:813-817.
4. Hafler, D.A. Multiple sclerosis. J. Clin. Invest 2004; 113:788-794.
5. Miller DH, Molyneux PD, Barker GJ, et al: Effect of interferon-beta 1b on
magnetic resonance imaging outcomes in secondary progressive multiple sclerosis:
results of a European multicenter, randomized, double-blind, placebocontrlled
trial. Ann Neurol 1999; 46:850-859.
6. PRISMS Study Group and the University of British Columbia MS/MR1 Analysis
Group. PRISMS-4: Long-term efficacy of interferon-beta-1a in relapsing MS.
Neurology, 2001; 56: 1628-36.
7. Steinman, L. Immune therapy for autoimmune disease. Science 2004;305:212-216.
Data aggiornamento novembre 2006 Prossimo aggiornamento previsto novembre 2007
(sostituita dall'allegato alla determinazione AIFA del 27.04.10 - ndr)
Farmaci per l'infertilità femminile e maschile:
|
La prescrizione a carico del SSN, su diagnosi e piano terapeutico
di strutture specialistiche, secondo modalità adottate dalle Regioni e
dalle Province Autonome di Trento e Bolzano, è limitata alle seguenti
condizioni:
- trattamento dell'infertilità femminile: - trattamento dell'infertilità maschile. |
Background
L'infertilità di coppia è un problema di vaste proporzioni che coinvolge
anche in Italia decine di miglialia di persone.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità stima intorno al 15-20% le coppie con
problemi di fertilità nel paesi industrializzati avanzati.
L'infertilità di coppia è legata, nel 35% circa dei casi, al fattore
femminile, nel 30% al fattore maschile; nel 20% dei casi si rilevano problemi in
ambedue i partner e nel 15% dei casi l'infertilità rimane sconosciuta
(infertilità inspiegata). Le alterazioni dei fenomeni fisiologici
dell'ovulazione rappresentano un'importante causa di infertilità di coppia
(18-25% dei casi). L'individuazione dell'ovulazione in queste donne è
finalizzata ad indurre lo sviluppo follicolare e la conseguente ovulazione.
Il trattamento dell'infertilità femminile con gonadotropine è pertanto
consigliato nelle diverse condizioni patologiche di cicli anovulari.
L'indicazione all'uso delle gonodatropine si è notevolmente ampliata negli
ultimi decenni, in quanto, oltre a situazioni patologiche di infertilità, le
gonadotropine vengono utilizzate anche in donne normo-ovulanti sottoposte ad
iperstimolazioni ovariche controllate necessarie al ripristino della fertilità
mediante tecniche di procreazione medicalmente assistita (FIVET, ICS).
L'infertilità maschile ha diverse cause, spesso difficilmente diagnosticabili e
soltanto in alcuni casi di alterazione della spermatogenesi (ipogonadismo ipo- o
normo-gonadotropo) esiste un razionale per un intervento terapeutico efficace
con gonadotropine.
Evidenze disponibili
Le gonadotropine follicolostimolanti attualmente in uso si possono
ricondurre a due grandi gruppi:
Gli studi di confronto tra FSH ricombinante ed urinario sono stati oggetto di consistenti metanalisi nonché di numerosi studi farmaco-economici; tuttavia, le conclusioni in termini di evidenze certe di maggiore efficacia sono attualmente ancora contrastanti.
Particolari avvertenze
Sulla base dei dati di letteratura ed al fine di evitare l'iperstimolazione
ovarica, viene suggerito di non superare il dosaggio massimo complessivo di
12.600 UI/paziente diviso in due o più cicli non superando comunque il dosaggio
massimo di 6.300 UI/ciclo nella donna. Nell'infertilità maschile si suggerisce
di non superare il dosaggio massimo, per singola prescrizione, di 150 UI di FSH
3 volte alla settimana per 4 mesi. Se dopo i trattamenti con tali dosi non si
ottiene un risultato positivo (nel trattamento dell'infertilità), eventuali
nuovi trattamenti possono comportare rischi superiori ai risultati attesi.
Se effettuato con dosi improprie ed elevate, il trattamento con gonadotropine
può essere responsabile:
a) della cosiddetta sindrome da iperstimolazione ovarica, con passaggio di
liquido nello spazio peritoneale e conseguenti ipovolemia, oliguria,
emoconcentrazione, ascite massiva, eventualmente emoperitoneo, shock anche ad
esito letale;
b) di eventi tromboembolici in concomitanza o indipendenti dalla suddetta
sindrome a carico di organi critici (cervello, polmone e delle estremità);
c) di complicazioni polmonari (atelettasia, dispnea, tachipnea, sindrome della
insufficienza respiratoria acuta), oltre a cisti ovariche, torsione degli
annessi, forti caldane, reazioni febbrili, nausea, crampi addominali,
meteorismo, gravidanze ectopiche e multiple.
Nei casi di iperstimolazione ovarica sono controindicati i rapporti sessuali,
per il rischio di insorgenza di gravidanze plurime.
Nell'uomo, la somministrazione di gonadotropine provoca ginecomastia, dolore al
seno, mastite, nausea, anormalità delle frazioni lipoproteiche, aumento nel
sangue degli enzimi epatici, eritrocitosi.
Bibliografia
1. AHFS Drug information, American Society of Health-System Pharmacists
2000:2816-9.
2. De Placido G, et al. Recombinant follicle stimulating hormone is effective in
poor responders to highly purified follicle stimulating hormone. Human
reproduction 2000;15:17-20.
3. Facts and comparisons. St. Louis: Walter Kluwer, 2000:246-58.
4. Filicori M, et al. Comparison of controlled ovarian stimulation with human
menopausal gonadotropin or recombinant follicle-stimulating hormone. Fertility
and Sterility 2003;80:390-7.
5. Keye WR Jr, et al. In: Infertilità Valutazione e trattamento. Verduci
editore 1997;587-91.
6. Leibowitz D, Hoffman J. Fertility drug therapies: past, present, and future.
J Obstet Gynecol Neonatal Nurs 2000;29:201-10.
7. Mantovani IG,et al. Pharmaco-economic aspects of in-vitro fertilization in
Italy. Human Reproduction 1999;14:953-8.
8. Van Wely M, et al. Human menopausal gonadotropin versus recombinant follicle
stimulation hormone for ovarian stimulation in assisted reproductive cycles. In:
The Cochrane Library. Issue 1. Oxford: Update Sotware, 2003.
Data aggiornamento: novembre 2006 Prossimo aggiornamento previsto: novembre 2007
Colliri anti-glaucoma:
|
La prescrizione a carico del SSN, su diagnosi e piano terapeutico
di specialisti, secondo modalità adottate dalle Regioni e dalle
Province Autonome di Trento e Bolzano, è limitata alle seguenti
condizioni:
in monoterapia:
in associazione:
Il trattamento a base di ß-bloccanti va considerato di prima scelta, seguito, ove necessario, dalla terapia con uno dei principi attivi singoli o associati in elenco. |
Background
Il glaucoma comprende un gruppo di disturbi caratterizzati da perdita del
campo visivo associato a infossamento del disco oculare e a danno del nervo
ottico. Il glaucoma si associa in genere a un aumento patologico della pressione
intraoculare ma esistono forme in cui la pressione resta nei limiti della norma.
Probabilmente la condizione più comune è rappresentata dal glaucoma primario
ad angolo aperto (glaucoma cronico semplice, glaucoma ad angolo ampio), in cui
l'ostruzione è localizzata nel trabecolato sclerale. Questa condizione è
spesso asintomatica e il paziente può perdere una porzione significativa del
campo visivo. Il glaucoma acuto ad angolo chiuso (glaucoma primario ad angolo
chiuso, glaucoma ad angolo chiuso) deriva dal blocco del flusso di umor acqueo
nella camera anteriore ed è un'emergenza medica.
Evidenze disponibili
Per il trattamento del glaucoma si impiegano farmaci che riducono la
pressione intraoculare e che possono avere vari meccanismi d'azione.
Betabloccanti topici o analoghi delle prostaglandine sono di solito i farmaci di
prima scelta. Per controllare la pressione intraoculare può essere necessario
combinare questi farmaci o aggiungerne altri, come per esempio miotici,
simpaticomimetici e inibitori dell'anidrasi carbonica. La dorzolamide e la più
recente brinzolamide sono inibitori topici dell'anidrasi carbonica. Sono
registrati per l'utilizzo in pazienti resistenti o con controindicazione ai
betabloccanti. Possono essere utilizzati da soli o in aggiunta a betabloccanti
topici.
Latanoprost e travoprost sono analoghi delle prostaglandine che aumentano il
deflusso uveo-sclerale. Di recente è stato introdotto anche il bimatoprost.
Sono usati per ridurre la pressione intraoculare in caso di ipertensione oculare
o glaucoma ad angolo aperto.
La brimonidina è un agonista selettivo alfa 2 adrenergico registrato per
l'abbassamento della pressione intraoculare nel glaucoma ad angolo aperto e
nell'ipertono oculare in pazienti per i quali i betabloccanti sono
controindicati; può essere utilizzata anche in associazione quando il
betabloccante da solo non consente di raggiungere un'adeguata pressione
intraoculare. L'apraclonidina è un altro agonista alfa 2 adrenergico.
La moderna strategia della terapia del glaucoma cronico semplice ad angolo
aperto, come suggerita dall'European Glaucoma Society (EGS), prevede l'impiego
di un farmaco in monoterapia per il raggiungimento della target pressure
individuata per ciascun paziente. Se il primo farmaco usato non è efficace nel
ridurre la pressione intraoculare o se non è tollerato, si sostituisce con un
altro farmaco. Se invece il primo farmaco è ben tollerato ed efficace, ma non
sufficiente a raggiungere la target pressure, le linee guida prevedono
l'aggiunta di un altro farmaco a quello in uso. Questi concetti sono ribaditi
anche nelle linee-guida dell'American Academy of Ophthalmology.
Inoltre, nel proseguimento con la terapia, in caso di progressione dei danni al
nervo ottico ed al campo visivo la target pressure dovrebbe essere rivalutata;
ulteriori aggiustamenti della target pressure potrebbero essere presi in
considerazione se il paziente è rimasto stabile per almeno cinque anni o in
presenza di effetti collaterali.
Una revisione sistematica e 2 studi randomizzati successivi hanno trovato prove
limitate che in soggetti con glaucoma primario ad angolo aperto o ipertensione
oculare il trattamento medico con farmaci per uso topico riduce la pressione
intraoculare rispetto a placebo od osservazione clinica. La revisione e uno
degli studi non hanno rilevato differenze significative fra trattamento medico e
placebo in termini di alterazioni del campo visivo a 1-3 anni di follow-up,
mentre l'altro studio ha riportato che in soggetti con ipertensione oculare ma
senza segni di glaucoma il trattamento medico riduce il rischio a 5 anni di
sviluppare un glaucoma primario ad angolo aperto rispetto alla sola osservazione
clinica.
Particolari avvertenze
L'assorbimento sistemico degli inibitori dell'anidrasi carbonica (dorzolamide
e brinzolamide) può in rari casi dare effetti indesiderati tipo sulfamidico; se
gravi tali effetti possono richiedere la sospensione del trattamento.
I pazienti in terapia con latanoprost e travoprost devono essere controllati per
verificare la comparsa di alterazioni della colorazione dell'occhio, dato che il
latanoprost può incrementare la pigmentazione (bruna) dell'iride; è richiesta
particolare attenzione negli occhi con iridi di colore disomogeneo e in caso di
trattamento in un occhio solo.
Bibliografia
1. Glaucoma Panel, Preferred Practice Patterns Committee. Primary open-angle
glaucoma. American Academy of Ophthalmology (AAO); 2005.
2. Kamal D, Garway-Heath D, Ruben S, et al. Results of the betaxolol versus
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3. Kass MA, Heuer DK, Higginbotham EJ, et al. The Ocular Hypertension Treatment
Study: a randomized trial determines that topical ocular hypotensive medication
delays or prevents the onset of primary open-angle glaucoma. Arch Ophthalmol
2002;120:701–713
4. Rossetti L, Marchetti I, Orzalesi N, Scorpiglione N, Torri V, Liberati A.
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appropriate to guide clinical practice? Arch Ophthalmol 1993;111:96-103.
Data aggiornamento novembre 2006 Prossimo aggiornamento previsto novembre 2007