Ritenuto in fatto

(Corte costituzionale - 337 - n° 8 del 19 ottobre 2001)

1. - Con ricorso notificato il 28 gennaio 1999 e depositato il 5 febbraio 1999, la Regione Lombardia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 4, 5 e 6; degli artt. 6, 65, 66, 68, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7 e 9 e dell'art. 71 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo).

2. - In particolare, la Regione censura, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, in relazione agli artt. 92 e 93 del trattato che istituisce la comunità economica europea, firmato il 25 marzo 1957, reso esecutivo con legge 14 ottobre 1957, n. 1203, ed alle decisioni della Commissione delle comunità europee del 2 marzo 1988 e del 1 marzo 1995, l'art. 3, commi 4, 5 e 6 della legge n. 448 del 1998, nella parte in cui, al fine di incentivare la occupazione nel meridione d'Italia, prevede:

al comma 4, la proroga e l'incremento degli sgravi contributivi già applicabili, in forza dell'art. 4, commi 17 e 18, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), nelle regioni meridionali per i lavoratori occupati alla data del 1 dicembre 1997;

al comma 5, che i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna possano godere, relativamente alle nuove assunzioni - effettuate, limitatamente all'Abruzzo ed al Molise, nell'anno 1999 e, per le altre regioni, anche negli anni 2000 e 2001 - incrementative del numero delle unità realmente occupate rispetto al 31 dicembre 1998, della totale esenzione, per un periodo di tre anni dalla avvenuta assunzione, dai contributi dovuti all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) sulle retribuzioni assoggettate a contribuzione per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti;

al comma 6, le puntuali condizioni per poter accedere ai benefici di cui al predetto comma 5.

Secondo la ricorrente, le norme impugnate comporterebbero un'evidente disparità di trattamento fra le regioni settentrionali e quelle meridionali causando, in particolare, lo spostamento di attività produttive verso una parte del territorio nazionale, e finendo per gravare, in assenza di una effettiva riduzione del costo del lavoro, sulla fiscalità generale e, di conseguenza, anche sulla Regione Lombardia e sui cittadini in essa residenti.

Peraltro, osserva la ricorrente, le disposizioni in questione sarebbero anche in contrasto con le ricordate decisioni della Commissione delle comunità europee, che già in passato avevano dichiarato illegittimo il regime degli sgravi contributivi esistente nel Mezzogiorno d'Italia, per violazione degli artt. 92 e 93 del trattato CEE.

3. - Viene altresì censurato, in riferimento all'art. 119 della Costituzione, l'art. 6 della legge n. 448 del 1998.

La Regione ricorrente, dopo avere brevemente esposto le modifiche introdotte dal comma 1 della citata disposizione ai principi ed ai criteri direttivi cui il legislatore delegato deve ispirarsi ai fini della istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive (di seguito IRAP), lamenta in particolare che, per effetto dell'inserimento - disposto dal comma 2, lettera b) dell'art. 6 della legge n. 448 del 1998 - di una lettera e-bis) nel comma 147 dell'art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), la dotazione propria del Fondo sanitario e le eccedenze dovute allo Stato vengano calcolate con riferimento ad un parametro maggiore rispetto a quello considerato in passato e costituito dall'intero gettito IRAP. Ed effetto indotto di tale innovazione normativa verrebbe ad essere, per un verso, la riduzione dei flussi finanziari dallo Stato alle regioni e, per altro verso, un più elevato ammontare dei fondi in eccedenza che le regioni debbono restituire allo Stato e, pertanto, in definitiva, la violazione della autonomia finanziaria delle regioni stesse.

4. - Ulteriore censura viene mossa dalla ricorrente, in riferimento agli artt. 117, 118 e 97 della Costituzione, all'art. 65 della legge n. 448 del 1998 che, nel prevedere la corresponsione di assegni in danaro in favore di nuclei familiari aventi determinati requisiti di composizione e di reddito, dispone che gli assegni in questione siano erogati dai comuni, che dovranno renderne nota la disponibilità attraverso pubbliche affissioni.

Rileva sul punto la Regione che la norma in questione sarebbe lesiva delle sue competenze in materia di servizi sociali, riconosciute, in attuazione degli artt.117 e 118 della Costituzione, dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).

Secondo la ricorrente, infatti, data la definizione che l'art. 128 del d.lgs. n. 112 del 1998 fornisce dei "servizi sociali", tale da ricomprendere anche le erogazioni previste dalla norma censurata, la relativa funzione ed i connessi compiti amministrativi spetterebbero alla regione, cui sarebbero stati conferiti dall'art. 131 del d.lgs. citato.

Conclude sul punto la ricorrente osservando che, integrando sia il d.lgs. n. 112 del 1998 che la legge di delega 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa) il parametro dettato dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, la loro violazione avrebbe rilievo costituzionale.

5. - Discorso in tutto analogo viene svolto per l'art. 66 della legge n. 448 del 1998, sempre in riferimento agli artt. 117, 118 e 97 della Costituzione, nella parte in cui prevede, in favore delle madri di figli nati successivamente al 1 luglio 1999 ed aventi determinati requisiti soggettivi e di reddito, la erogazione da parte dei comuni di assegni periodici in danaro.

6. - Nel ricorso viene, altresì, censurato l'art. 68, commi 1 e 2, della legge n. 448 del 1998, in riferimento all'art. 119 della Costituzione, in relazione all'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale) ed all'art. 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).

Per effetto del combinato disposto dei due commi impugnati, per le prescrizioni relative alle prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio e per le altre prestazioni specialistiche ambulatoriali, gli assistiti esenti e quelli totalmente esenti sarebbero esonerati dal pagamento della quota fissa, ammontante sino a quel momento a lire 6.000 per ricetta; il che comporterebbe, secondo la ricorrente, in violazione dell'art. 119 della Costituzione, la decurtazione di entrate di indubbia spettanza regionale.

7. - Oggetto di censura sono altresì i commi 3, 4, 5, 7 e 9 del medesimo art. 68 della legge n. 448 del 1998.

Essi, ad avviso della Regione Lombardia, nel dettare una articolata procedura volta alla determinazione sia delle eccedenze della spesa farmaceutica di ogni regione che dell'entità dei contributi dovuti, rispettivamente, dalle imprese titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio dei medicinali, dalle imprese distributrici e dalle farmacie aperte al pubblico per coprire parte di tali eccedenze, determinerebbero la totale estromissione delle regioni sia dal loro calcolo che da quello dei contributi, essendo esclusivo compito di queste ultime fornire al Ministero della sanità i dati relativi alla vendita da parte delle farmacie di tutti i medicinali erogati a carico del Servizio sanitario regionale.

E ciò, secondo la ricorrente, contrasterebbe con il principio generale, proprio di tutta la materia sanitaria ed assistenziale, secondo il quale le regioni debbono essere in condizione di ottenere tutte le informazioni in ordine alla spesa afferente a tale materia.

8. - Infine la Regione Lombardia censura l'art. 71 della legge n. 448 del 1998, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali), all'art. 2 del d.lgs. n. 502 del 1992 ed all'art. 114 del d.lgs. n. 112 del 1998.

Tale norma prevede lo stanziamento di somme di danaro per interventi di riqualificazione della assistenza sanitaria nei grandi centri urbani, da individuarsi, su proposta del Ministro della sanità, dalla Conferenza unificata Stato-regioni e province autonome e Stato-città, tenendo in particolare considerazione le zone centro-meridionali della Nazione.

Lamenta la ricorrente che sarebbe lesiva delle sue attribuzioni la circostanza che nella individuazione di tali interventi venga concesso un ampio spazio ai comuni; questi, infatti, debbono essere sentiti nella fase di elaborazione dei progetti; sono rappresentati, attraverso la Associazione nazionale comuni d'Italia - che partecipa, in misura paritetica con le regioni, il Ministero della sanità e la Conferenza Stato-regioni, alla istruttoria volta alla realizzazione degli interventi stessi -; possono, decorso il termine per la presentazione dei progetti di intervento da parte delle regioni, sostituirsi ad esse e presentarne di propri.

La norma viene, altresì, censurata in relazione al coinvolgimento, che tramite essa si realizza, della Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città nella istruttoria relativa ai suddetti progetti, cioè in questioni ritenute essenzialmente di spettanza regionale.

9. - Si è costituito in giudizio, con atto del 17 febbraio 1999, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni sollevate siano dichiarate inammissibili o, comunque, infondate.

Secondo la difesa dello Stato la questione, relativa all'art. 3, commi 4, 5 e 6, della legge n. 448 del 1998 sarebbe inammissibile in quanto, per un verso, "impinge nel merito della scelta legislativa" e, per altro verso, in quanto viene denunziata un'irrilevante violazione del diritto comunitario.

Anche la censura mossa nei confronti dell'art. 6 della legge n. 448 del 1998 sarebbe, secondo la stessa difesa, inammissibile non essendo chiaro in che modo risulti violato l'art. 119 della Costituzione.

Parimenti inammissibili sarebbero le censure formulate relativamente agli artt. 65 e 66 della stessa legge, che si fonderebbero essenzialmente sulla violazione di un parametro, il d.lgs. n. 112 del 1998, non avente rango costituzionale.

Anche in riferimento alla costituzionalità dei commi 1 e 2 dell'art. 68 della legge n. 448 del 1998, l'Avvocatura eccepisce preliminarmente la inammissibilità della questione stante la evocazione di un parametro di legittimità costituzionale (l'art. 1 della legge n. 421 del 1992 e l'art. 11 del d.lgs. n. 502 del 1992) avente rango solo ordinario; peraltro, nel merito, la questione sarebbe, comunque, infondata in quanto, a fronte della riduzione di entrate regionali legate alla parziale soppressione dei ticket sanitari disposta con la norma censurata, sarebbe stato previsto un meccanismo di risparmio di spesa nel medesimo settore farmaceutico tale da compensare l'ammontare delle minori entrate.

Quanto agli altri commi impugnati del medesimo art. 68 la difesa dello Stato ritiene non ravvisabili le menomazioni delle garanzie di informazione lamentate dalla Regione Lombardia.

Infine, riguardo alla affermata incostituzionalità dell'art. 71, rileva la Avvocatura che per effetto di esso non si realizzerebbe alcuna violazione di competenze attribuite alle regioni, non essendovi alcuna contraddizione fra l'ambito di tali competenze e la valorizzazione delle altre autonomie locali.

10. - In prossimità della udienza pubblica la Regione Lombardia ha depositato una documentata memoria illustrativa.

In essa la ricorrente ha rilevato che la modifica medio tempore intervenuta di talune delle norme oggetto di censura non ne ha eliminato la illegittimità ed ha precisato che la censura rivolta nei confronti dell'art. 3 della legge n. 448 del 1998 è formulata anche con riferimento all'art. 10 della Costituzione, norma in base alla quale vi è l'obbligo di conformazione della legislazione statale ai principi del diritto internazionale generalmente riconosciuti, nell'occasione rappresentati dagli artt. 92 e 93 del trattato CEE del 25 marzo 1957.

Quanto agli artt. 65, 66 e 68 la ricorrente ha sottolineato la ammissibilità e la fondatezza della questione; in particolare, oltre a rilevare che il d.lgs. n. 112 del 1998 è stato emanato in specifica attuazione degli artt. 5, 118 e 128 della Costituzione, ha osservato che la violazione costituzionale può verificarsi non soltanto allorchè una norma ordinaria leda direttamente una norma di rango costituzionale, ma anche allorchè, come nel caso, la violazione si realizzi, indirettamente, attraverso, appunto, il contrasto con una norma interposta.